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Inflazione quasi all’11%: le famiglie tagliano la spesa alimentare

I dati sull’inflazione del mese di settembre sono impressionanti. Dopo stime superiori all’11%, l’Istat ha ufficializzato un aumento dei prezzi al al +10,9%, dato che ha già superato il poco gradevole record di agosto, quando si era toccato il 9.6%. Bisogna ritornare al 1983 per ritrovare un tasso di crescita su base mensile tanto alto.

La reazione degli italiani è quella che si poteva prevedere: passo indietro negli acquisti, anche e soprattutto dei beni alimentari, che sono quelli che vedono gli aumenti più sensibili. Il rincaro medio su base annua per famiglia è di 2.334 euro tutto compreso, anche costi dell’energia, mentre ci si attesta a + 685 Euro per il solo carrello della spesa.

Inflazione all’11%: ecco cosa sta succedendo

Come spiega l’Istat nel suo report, bisogna risalire a quasi quarant’anni fa per incontrare un tasso di crescita dei prezzi su base annua simile. Ma non sono i prezzi dell’energia elettrica e del gas a spingere ancora sull’acceleratore dell’inflazione, bensì i prezzi dei beni alimentari, sui quali probabilmente si stanno andando a caricare costi di gestione dell’energia, dal produttore al venditore ultimo prima dell’acquisto. E stessa tendenza si rileva anche nel settore dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona.

Maggiormente numerosa è la famiglia, e più importante è il peso dell’inflazione. Così come continua ad allargarsi la forbice del peso della stessa tra famiglie più abbienti e meno abbienti. Solo per cibo e bevande una famiglia pagherà in media 660 euro in più su base annua. La stangata sale a 900 euro per una coppia con 2 figli, 812 per una coppia con 1 figlio. Il record spetta alle coppie con 3 figli che per prodotti alimentari e bevande analcoliche avranno una batosta pari a 1075 euro.

Prezzi degli alimentari: cosa cresce e cosa si taglia

Sono le stime della Coldiretti a comunicare quali sono i prodotti il cui costo sta salendo di più e sui quali probabilmente si orienteranno i tagli più sensibili da parte delle famiglie italiane. In cima alla classifica ci sono gli oli di semi che sono rincarati di circa il 60%. Al secondo posto c’è il burro in crescita del 38,1% e al terzo la margarina (+26,5%). Seguono poi il riso con un +26,4%, anche a causa della siccità, e il latte a lunga conservazione(+24,5%), davanti a farina (+24,2%) e pasta (+21,6%). Coldiretti poi evidenzia che l’attuale prezzo del grano non copre i costi di produzione degli agricoltori e che i vegetali freschi – spesso considerati “salvi” dall’inflazione – aumentano del 16,7% e la frutta del 7,9%.

Tutto questo non può che avere effetti negativi sulla spesa con il 51% circa degli italiani che ha già deciso di diminuire la quantità di merce acquistata, e un 18% che a questa riduzione ha dichiarato di aver ridotto anche la qualità degli acquisti, preferendo orientarsi su discount e prodotti low cost per garantire alla propria famiglia di arrivare a fine mese. Cambiare negozio, confrontare i prezzi all’interno dello stesso supermercato anche con marche mai acquistate finora, utilizzo del sottocosto e dei buoni spesa sono tutte abitudini in forte crescita.

Alberto

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